Un esempio interessante è quello di Alberto Garutti che, in occasione del Giubileo del 2000, ha concepito l'idea che ogni nascita registrata all'Ospedale Gemelli di Roma venisse salutata da un temporaneo aumento della luminosità dei lampioni in via della Conciliazione.
Ma vediamo qualche esempio più significativo per cercare di comprendere quali sono stati i meccanismi percettivi che queste opere hanno attivato in un pubblico che a volte le ha accettate ed altre le ha rifiutate.
Donna e uccello di Juan Mirò
L'ultima opera di questo grande maestro, una grande scultura alta più di 20 metri, ricoperta di piastrelle frammentate, collocata a Barcellona nella piazza centrale del Parco Juan Mirò o dell'Excorxador, al centro di una vasca d'acqua.
La piazza è sopraelevata rispetto al parco così che la scultura acquista un ruolo di grande spessore nel tessuto urbano.
La scelta di un materiale non convenxionale, la ceramica, coniuga la tradizione catalana (Gaudì) con l'esigenza di creare una forma semplice in cui trionfa il colore.
Il tema dell'opera è abbastanza consueto in Mirò che spesso unisce al mondo umano quello animale o vegetale.
In questo caso la sagoma della figura femminile non perfettamente identificabile è resa con una forma compatta che la trasforma in una sorta di "totem", intesa come dea madre, con valore cosmico ed universale che rimanda alle origini dell'uomo.
Il tema dell'uccello, e quindi del volo, reca in sè qualcosa di poetico e magico. Alla terra madre si unisce così il cielo, l'aria, mentre il fuoco è simboleggiato dalla ceramica che nasce dal fuoco e l'acqua è quella in cui tutto si rispecchia.
L'opera, nonostante la scarsa comprensione nell'immediato, è piaciuta agli abitanti di Barcellona perchè ha segnato anche il recupero di un quartiere degradato: là dove oggi c'è il parco, questo polmone verde per gli abitanti della zona, c'era un mattatoio.
Sfera grande di Arnaldo Pomodoro, a Pesaro.
Il primo modello risale al 1971 ed era in poliestere. Nel 1998 venne fusa in bronzo.
La "palla di Pomodoro" è diventata il simbolo della città e col suo specchio f'acqua ha trasformato la piazza adiacente al mare nel più piacevole punto di incontro dei pesaresi.
La Sfera grande come tutte le altre composizioni volumetriche di Pomodoro, è lucente, levigata, specchiante, ma.. spaccata. Lascia intravedere una serie di ingranaggi, simbolo del travaglio interno che è stato necessario per giungere alla perfezione.
Pomodoro chiama tutto questo "erosione".
Pure, come un bambino che smonta un giocattolo per vedere come è fatto dentro, anche l'uomo sembra sciupare, rompere, per meglio conoscere. Come l'Ulisse dantesco la grandezza dell'uomo sta nel suo bisogno di conoscere anche a rischio di distruggere e distruggersi.
La sfera grande riflette sulla sua superficie la luce, la città, la gente e tutto ciò varia continuamente perchè soggetto a variazioni di luce e colore.
Accentua la sua variabilità lo specchio d'acqua su cui la sfera lievemente poggia.
continua...