"Mercoledì sera, alla Galleria dell'Istituto di cultura di New York, ci siamo avvicinati all'anima di chi ha segnato indelebilmente la storia della fotografia. Mario Giacomelli è il fotografo che ha saputo scendere negli inferi della vita e trasformare le cicatrici dell'esistenza in forme trascendentali di bellezza"
Così si apre il lungo articolo dedicato all'inaugurazione della mostra di New York dedicata al grande fotografo senigalliese, pubblicato dalla rivista "America Oggi". Una mostra itinerante di grande successo che ha toccato due tappe precedenti a Los Angeles ed a Chicago.
Mario Giacomelli si accostò alla fotografia nel 1952, non con intenti documentari, ma per esprimere con questo mezzo i suoi sentimenti e le sue riflessioni, per raccontare i temi fondamentali del nostro vivere, l'amore, la vecchiaia, la morte.
Nonostante egli abbia avuto,dopo gli inizi da giovane tipografo,un immediato consenso ed un'ampia notorietà,egli trascorse tutta la sua vita a Senigallia.La vita di provincia gli piaceva,si sentiva in sintonia con le tradizioni antiche,con la quiete di questi luoghi.
Lavorava quasi sempre di domenica.
La madre lavorava come lavandaia nella casa di riposo di Senigallia, in questo luogo poi tornò da fotografo e realizzò due cicli ora struggenti ,ora teneri ,ora angoscianti che chiamò
"Vita da ospizio" e "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi"
Dirà in un'intervista: " All'ospizio sono andato per un anno senza macchina fotografica, perchè non volevo che sentissero la macchina puntata. Ero un vecchio come loro".
Eppure aveva cominciato a fotografare da pochi mesi. Aveva una trentina d'anni.
E in risposta a chi gli chiedeva se questo progetto fosse stato pensato, in un certo senso preparato, lui disse che si era reso conto di non saper fotografare una persona che sorride, che è dolce nel viso e di aver bisogno "che l'altro sia come sono io dentro" e che aveva pensato all'ospizio per raffigurare qualcosa di più vero.
Nel 1954 Giacomelli entrò a far parte del gruppo fotografico Misa,una scuola aperta e interdisciplinare i cui iscritti discutevano di pittura,musica e letteratura,ma soprattutto di estetica.
Il gruppo si inseriva in una tradizione,già presente a Senigallia,di fotografi di grande spessore e sarebbe stato determinante per la tradizione artistica della città.
Ispirato al seminario senigalliese fu invece il ciclo
" Io non ho le mani che mi accarezzino il viso" di cui vi mando alcune immagini,forse tra le più famose di Giacomelli.